Girard-Perregaux 1966 Steel, la recensione completa

Girard-Perregaux 1966 Steel, la recensione completa

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Il Girard-Perregaux 1966 Steel non verrà ricordato esclusivamente come il primo modello in acciaio nella storia della collezione 1966. La prima volta dell’acciaio sul classico dei classici della manifattura svizzera è un segnale della direzione che ha intrapreso il marchio, nulla che debba preoccupare i più conservatori ma un modello destinato ad aprire la strada verso una fase che ricorda quella guidata da Luigi Macaluso e che vedrà, nel 2016, il lancio di alcuni modelli che hanno fatto la storia recente del marchio e sono tuttora ricercatissimi dagli appassionati.

Per quanto mi riguarda non mi sarei certo aspettato di indossare un Girard-Perregaux 1966 Steel prima di gennaio ma un viaggio a Torino, la visita di Artissima e la partnership tra l’evento e Girard-Perregaux hanno fatto il resto e mi hanno dato anche l’occasione di rivedere, seppur per poche ore, una città in cui ho vissuto due anni dal 2001 al 2003 ed una fiera che non sono riuscito ad apprezzare in pieno data la mia scarsa familiarità con l’arte contemporanea. Tornando all’orologio, era ora che Girard-Perregauxsdoganasse” il 1966, orologio bello, puro, destinato agli amanti del “no frills” quanto, apparentemente, intriso di una punta di snobismo: la scelta di proporlo esclusivamente nelle versioni in oro in questi anni lo ha reso un orologio “distaccato” per natura, schivo, nel prezzo più che nella scelta del materiale, l’oro, che è oggi tornato di moda, soprattutto se bianco o rosa.

Non cercate voli pindarici di design, ma non dite che sia deja-vù, commento facile quando la cassa è rotonda e da 40mm di diametro, il quadrante è argentato opalino e le lancette a foglia; i tre sfere automatici classici messi su un piano orizzontale sembrano tutti uguali, per cui dovete avvicinarvi e vedere le differenze perché qui hanno la dimensione del millimetro e non del centimetro ed è questo l’elemento di vera scelta tra l’uno e l’altro. Visto che si parla di dettagli, parliamone: gli indici sono applicati e dalla forma prismatica, un tocco distintivo rispetto a quanto Girard-Perregaux fa sulle versioni in oro, tanto da chiedermi perché non abbia applicato anche il logo che ha nelle iniziali GP uno dei suoi punti di forza, ed osare un po’ di più, esteticamente.

Parlando di logo applicato, seppur il contesto è diverso, basta vedere l’effetto che fa sul quadrante del Tri-Axial Tourbillon (anche se in quel caso gli atout sono tanti). Le sfere sono sottili, a foglia, con quella dei secondi che si estende fino all’estremità del quadrante, un trucco adottato per far sembrare un 40mm più grande di quanto non sia, complice il ridotto spessore della lunetta, tranne che al polso dove non è certo esagerato.

Il Girard-Perregaux 1966 Steel ha uno spessore di appena 8,90mm e monta il movimento di manifattura GP03300, meccanico automatico da 4Hz, da 3,20mm di spessore, con almeno 46 ore di riserva di carica a piena carica e costa 7850€ con il cinturino in alligatore e la fibbia ad ardiglione e 8550€ con cinturino in acciaio e chiusura deployante, quindi sotto la soglia psicologica dei 10000€ per la prima volta. Dei due (il secondo non l’ho neanche visto se non in foto stampa), la mia scelta va al primo; un classico 40mm come questo va scelto con il cinturino in pelle perchè il contrasto tra quadrante chiaro ed il nero della pelle è almeno tra i primi tre motivi di scelta, spero solo che in futuro Girard-Perregaux decida di intraprendere la strada di un sottile calibro a carica manuale, una strada non facile da scegliere quando i volumi di produzione sono da alta orologeria e non aiutano certo le economie di scala ma che darebbe al 1966 Steel quella consacrazione e quell’ulteriore vantaggio competitivo su ogni altro 40mm tre sfere di alta orologeria in circolazione.

(Photo credit: Horbiter®’s proprietary photo-shooting)

Gaetano C.@Horbiter®

@Gaetano Cimmino

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